Probabilmente sì, certo Roma e Parigi sarebbero terribilmente menomate dalla perdita, i turisti protesterebbero, in qualche angolo del mondo lontano qualcuno ne costruirà una copia “conforme all’originale”, per ricordare i fasti e l’imponenza di queste opere dell’uomo.
Ma prima o poi tutti se ne farebbero una ragione.
Potremmo vivere senza la tigre e l’orso bruno?
Forse sì, del resto questi animali sono ormai così pochi che la loro esistenza è diventata quasi un fatto impalpabile.
Certo dovremo spiegare a figli e nipoti, e a tutti i bambini del mondo, che abbiamo fatto scomparire dalla Terra due animali importanti non solo per il loro ruolo biologico, ma anche per lo spazio che hanno da sempre avuto nella nostra vita, cultura e società.
Alcune persone, in effetti, non potrebbero vivere senza l’orso bruno, perché oggi questi animali, gli ultimi cinquanta che ancora vivono selvatici nelle montagne dell’Abruzzo, sono i datori di lavoro di migliaia di donne e uomini che gestiscono alberghi, campeggi, ristoranti, bar, servizi turistici vari, nel nome dell’orso.
Se un milione e mezzo di persone, italiani e stranieri, si reca ogni anno nel Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, quarantamila ettari di boschi di faggi e di prati profumati, di torrenti limpidi e di piccoli borghi in pietra, lo fa perché lì ci sono orsi, lupi e cervi, e spera di fotografarli o almeno di incontrarli.
Il miele che viene prodotto dagli apicoltori in questi territori è un miele speciale, non solo perché proviene dalla fioritura spontanea di piante che non hanno mai conosciuto insetticidi e pesticidi, ma anche perché viene consumato dagli orsi bruni marsicani che ne sono molto golosi e quando possono visitano le arnie degli apicoltori per rubacchiarne un po’.
Sono tollerati, i loro danni sono rimborsati e a me, e a tanti altri amici che frequentano il parco, fa piacere comperare un barattolo di miele locale, sapendo che in qualche modo abbiamo contribuito a conservare un sistema produttivo che non solo dà lavoro agli abitanti della zona, ma rende più dolce e sicura la vita degli ultimi orsi. E sono così arrivato al punto cruciale di questo mio tentativo di spiegare che la natura rappresenta il vero condimento della vita nostra e dei nostri cari. La natura, con le sue piante e i suoi animali, i suoi paesaggi, i suoi
ritmi, le sue intemperanze e le sue magie. La natura che compare anche nelle nostre città più caotiche e congestionate, sotto le sembianze delle rondini che fanno il nido nelle case di Napoli e di Milano, della malva e delle pratoline che fioriscono nelle aiuole.
L’Italia ha il privilegio di ospitare la più grande varietà di specie animali e vegetali fra tutte le nazioni europee, una fortuna dovuta alle condizioni varie del nostro territorio che si allunga dalle Alpi al centro del Mediterraneo.
Questo patrimonio, che noi chiamiamo biodiversità, si fonde con il patrimonio artistico e culturale prodotto da millenni di umanità laboriosa, intelligente e creativa e con uno sconfinato paniere di prodotti agricoli e alimentari, che fanno degli italiani i consumatori più fortunati del pianeta.
Consumatori che adesso hanno anche la possibilità di incidere in modo significativo sul futuro del territorio attraverso la scelta consapevole di stili di vita e di prodotti “sostenibili”.
Sostenibilità significa fare il miele in montagna lasciandone un po’ anche agli orsi, pescare il tonno con sistemi non distruttivi, confezionare i prodotti con materiali biodegradabili o riciclabili, promuovere i prodotti a chilometri zero e biologici. Diventeremo così tutti amici e alleati delle rondini e delle farfalle, degli orsi e degli abeti, il cui futuro dipende sempre di più dalle scelte che ogni giorno ciascuno di noi esercita attraverso mille piccole grandi azioni.
Francesco Petretti
biologo e naturalista, scrittore e divulgatore.